Venerdì pomeriggio 12 settembre inizia l’avventura. In una breve riunione con il Team manager Massimiliano Bucca e il direttore tecnico Tommaso Graziosi ci prepariamo ad accogliere i ragazzi per la riunione di presentazione che precederà il primo allenamento. Le facce sono quelle giuste e il discorso di Dario, da vero capitano, fa capire a tutti cosa vuol dire indossare la maglia della nazionale.
Con tutta l’emozione del momento scendo in campo con i ragazzi per mettere in campo le nostre migliori intenzioni. Ce ne rendiamo conto subito: è dura. Età diverse, modi di giocare diversi, attitudine a fare le cose con attenzione molto diversa ma una cosa più di tutte ci accomuna, la voglia di fare bene.
Sabato mattina nel secondo allenamento affiniamo un po’ l’intesa, ansiosi di misurarci nell’amichevole del pomeriggio con i giovani della Salus, la società che ci ospita in questi 3 giorni nella sua palestra di riferimento.
Il pranzo organizzato da Marco, oltre che estremamente piacevole, è occasione di confronto sulla situazione attuale del movimento e su cosa fare per rilanciarlo. Il discorso coinvolge tutti e ognuno ci racconta la sua realtà; dalla più organizzata Pesaro a Sicilia, Sardegna, Piemonte e quasi tutte le regioni d’Italia. La priorità condivisa è quella di far ripartire il campionato e si cominciano a mettere le basi per farlo da subito.
Alle 16.30 è l’ora dell’amichevole e in palestra si possono contare parecchi spettatori. L’impatto coi veloci e pressanti ragazzi bolognesi mette subito a nudo i nostri punti deboli e la naturale mancanza di amalgama dopo 2 soli allenamenti insieme, così all’intervallo ci troviamo sotto di quasi 30 punti. Il resto della partita, grazie a una brillante idea di Tommaso, viene giocato con i giovani della Salus con i tappi nelle orecchie per fargli provare una sensazione simile a quella dei nostri giocatori. Da quel momento iniziamo a rimontare e troviamo affiatamento minuto dopo minuto riuscendo a chiudere il match con solo una decina di punti di scarto.
La domenica è il giorno dell’ultimo allenamento, dello scambio di recapiti e dei saluti. Con soddisfazione per quanto fatto ma anche con la consapevolezza di aver messo solo un primo piccolo mattoncino.
Come dice il nostro urlo: l’Italia non muore mai!
Il coach Federico